Volontariato medico in Africa con Cute Project

Volontariato medico in Africa: lo racconta Cute Project

Quante domande che frullano nella testa di un volontario prima della partenza! Soprattutto quando la meta è l’Africa, un continente spesso poco conosciuto e poco capito. Anche voi avete dei dubbi? Allora continuate a leggere! Oggi parliamo di luoghi comuni e volontariato medico in Africa, per sfatare qualche mito ed offrire qualche certezza. Lo facciamo in compagnia di Cute Project e del loro libro “Uganda…ma dove lo trovate il tempo?”, nel quale i volontari stessi hanno fornito risposte esaustive alle domande più comuni.

Cute Project: un po’ di background

Dal 2012, Cute Project svolge missioni umanitarie a carattere formativo in Africa (Congo, Benin e Uganda), coinvolgendo medici ed altre figure sanitarie mediante lezioni teoriche e pratiche in sala operatoria. L’associazione lavora anche in Italia tramite lo svolgimento di attività sanitarie e didattiche (attivazione di ambulatori per le persone in difficoltà e laboratori di prevenzione delle ustioni per bambini dai 4 ai 7 anni).

L’obiettivo primario delle missioni è quindi la formazione teorica e pratica dello staff locale, che comprende: diagnosi e terapia di ustioni e cicatrici, bendaggi, utilizzo di apparecchiature a pressione negativa  per il trattamento delle perdite di sostanza, prevenzione delle ustioni, tecniche di riabilitazione nei pazienti con cicatrici post-ustione, Basic Life Support con defibrillatore manuale, ricerca dell’accesso venoso periferico mediante ecografia, medicazioni in chirurgia plastica con consegna di protocolli operativi, tecniche chirurgiche della labiopalatoschisi.

Curiosità generiche sul volontariato in Africa:

1- Il Benin e l’Uganda sono pericolosi?

“Attualmente no. In Benin e in Uganda non sono in atto guerre civili dunque la risposta mi viene spontanea. Inoltre la sicurezza dell’equipe che parte per le missioni è fondamentale per Cute Project, e quindi le realtà dove abbiamo scelto di poter operare sono paesi in cui torniamo ogni anno perché troviamo collaborazione, ospitalità e stabilità politica.”

Risponde Alessia De Sanctis, infermiera (estratto)

2- Vi pagano per andare in missione?

“Le equipe che abitualmente prendono parte alle missioni umanitarie di Cute Project sono composte da: due o tre chirurghi plastici, un anestesista, un medico di medicina generale o un medico internista, due o tre infermieri, un fotografo/artista. Nessuno dei suddetti componenti percepisce alcun tipo di retribuzione…

Cute Project si impegna a sostenere, per i propri volontari, le spese riguardanti il costo del biglietto aereo, il vitto e l’alloggio in loco.”

Risponde Loredana Silivestro, infermiera strumentista e responsabile magazzino (estratto)

3- Riuscite a fare un po’ di vacanza?

“No, non riusciamo a fare un po’ di vacanza, non è lo scopo del viaggio! Ma quando possiamo (di solito accade di domenica quando non si può operare), facciamo dei piccoli viaggi esplorativi nei dintorni dell’ospedale…

La vacanza è il sorriso dei nostri pazienti, la gratuità del nostro lavoro, il donare noi stessi, il pensare che l’amore per gli altri ha un senso più alto qui.”

Risponde Debora Di Latte, volontaria (estratto)

4- Chissà cosa mangiate, poveri

“…Accostarsi alla loro cucina (cucina locale) diventa così un gesto culturale, una modalità immediata e simpatica per conoscere e allargare un momento di condivisione. La cucina africana è estremamente ricca e fantasiosa; il cibo in Africa è l’elemento base di un rituale di comunione, un’occasione per esprimere valori e simboli della tradizione. Mangiare e bere insieme vuol dire celebrare la vita.”

Risponde Martina Canata, infermiera strumentista (estratto)

Curiosità mediche sul volontariato in Africa

1- Ma i medici africani sono capaci ad operare?

“Certamente si ma spesso devono affrontare problematiche strutturali e mancanza di risorse. È proprio uno degli obiettivi principali di Cute Project quello di formare i medici locali affinché possano operare in autonomia, attraverso lezioni teoriche e pratiche in sala operatoria…

Condividere la conoscenza e cercare di essere medici “con” l’Africa e non “per” l’Africa, direi che è questo l’intento di Cute Project.”

Risponde Luca Arró, responsabile logistica e consigliere (estratto)

2- Quando andate via non li medica nessuno?

“Certo che sì! Una parte importante della missione è insegnare al personale medico e infermieristico a gestire pazienti dopo gli interventi e le medicazioni sono parte fondamentale per la riuscita del lavoro.”

Risponde Mauro Navarra, anestesista (estratto)

3- Ma come fate a fare formazione se parlate lingue diverse?

“Non parlare la/le stessa/e lingua/e può sembrare un problema non di poco conto quando ci si pone l’obiettivo di fare formazione in un paese straniero. Per fortuna esiste la cosiddetta “lingua franca”, cioè una lingua che può fare da veicolo comunicativo e che è parte del patrimonio della popolazione del paese in questione. In Africa ci è capitato di usare l’inglese o il francese in paesi anglofoni o francofoni a seconda della colonizzazione avuta.”

Risponde Patrizia Marsura, traduttrice (estratto)

 

4- Ma montate le tende per operare?

“No, non montiamo le tende. Usiamo le strutture ospedaliere ugandesi che sono pubbliche. Le loro sale operatorie ci offrono però solo le cose essenziali e noi dall’Italia portiamo tutto per la missione, con containers che partono settimane prima e che contengono gli strumenti chirurgici, quelli anestesiologici, le medicine e perfino le garze ed altri presidi di uso comune, ma difficili da reperire in Uganda…”

Risponde Marta Cravino, medico internista (estratto)

 

Le testimonianze sono state estratte da “Uganda…ma dove lo trovate il tempo?”, Postmedia Books, 2018

 

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