Un paio di settimane fa, nell’articolo “Il costo del volontariato all’estero”, avevamo presentato i principali costi di un programma di volontariato internazionale, andando a vedere poi chi, normalmente, se ne fa carico.
In chiusura, avevamo lanciato un misterioso avvertimento: occhio ai sedicenti programmi di volontariato da migliaia di euro che hanno tutta l’aria di essere pacchetti turistici! Come promesso, adesso ci apprestiamo a chiarire queste parole.
Cominciamo dall’inizio. Ci sono sostanzialmente 5 ingressi al mondo del volontariato internazionale:
- i programmi istituzionali sovvenzionati dai governi e dall’Unione Europea
- i campi, le missioni e le esperienze organizzate da enti italiani che hanno programmi all’estero
- i campi e le esperienze organizzate da enti italiani che si appoggiano a partner locali
- gli enti locali stranieri che cercano volontari per il lavoro sul campo
- le proposte delle agenzie di viaggio/ volonturismo
Cos’è il volonturismo
Con questa parola ci riferiamo a tutti quei programmi di volontariato presentati come un pacchetto viaggio gestito da un’agenzia (più raramente da una Ong). Trattandosi di un pacchetto, il volontario si trova a pagare un’unica quota di partecipazione che prevede il viaggio, il tutoraggio sul posto, le attività di volontariato, i costi di permanenza e le escursioni del tempo libero.
Questo tipo di proposte, che hanno ormai un successo strepitoso, sono fatte soprattutto da grandi agenzie di volonturismo che si pongono come intermediari per il reclutamento di gruppi di volontari che andranno poi a lavorare con una serie di partner locali (scuole, Ong, ospedali, etc.).
In questo blog vogliamo cercare di spiegare che, quando il volontariato viene ridotto ad un mero pacchetto turistico, l’esperienza stessa viene in qualche modo privata della sua essenza. E guardate che non è solo una questione di stile (della serie: non ci piacciono i pacchetti turistici) o di puro principio (non vediamo perché il volontariato debba essere gestito da grandi compagnie for-profit). Insomma, magari anche un po’ quello, ma le vere ragioni sono molto più profonde.
La superficialità del volontariato-vacanza
È troppo facile. E la facilità eccessiva ti porta a pensare che uno si possa avvicinare al volontariato senza pensieri, senza riflettere, senza preoccupazioni. Non c’è un processo di application che ti porti a questionare le tue capacità e se queste possano realmente beneficiare la comunità di accoglienza. Non c’è un percorso di formazione, di quelli che ti ricordano che nel mondo esistono insopportabili ingiustizie e tantissima bellezza, e che facendo volontariato incontrerai tutte e due.
Ma non c’è neanche la sfida della preparazione del viaggio (i biglietti, l’assicurazione…) né la lettura frenetica di decine di blog ed articoli per scoprire i posti più interessanti da visitare e come fare per raggiungerli. È tutto organizzato. E questo è un peccato perché anche l’Unione Europea riconosce queste questioni organizzative come importanti soft skills da sviluppare.
L’impatto sulla comunità locale e globale
E quindi chi ci rimette? Ci rimette il volontario che fa un’esperienza incompleta; ci rimette l’ente di accoglienza, che si ritrova collaboratori spesso impreparati; e ci rimette la comunità. Studi accademici effettuati sul campo dimostrano che i volontari “superficiali” hanno un effetto negativo sia diretto che indiretto sulla comunità locale.
Diretto quando il volontario, per ignoranza o ingenuità, si dimostra irrispettoso, irresponsabile, invadente, inopportuno. Indiretto perché i volontari diventano poi portatori di un messaggio quando tornano a casa: e se non hanno capito il loro ruolo e la realtà sociale, economica e culturale che hanno vissuto, cosa racconteranno?
La narrativa del volontariato
Il volontariato, secondo le Nazioni Unite, dovrebbe svolgere la funzione di “collante” a livello globale per la società civile ed aiutarci a comprendere le interdipendenze che uniscono la nostra comunità alle altre. I volontari dovrebbero essere, in sostanza, una cassa di risonanza per diffondere un messaggio di solidarietà e cittadinanza globale!
Ma gli studiosi hanno osservato che il messaggio troppo spesso diffuso attraverso il volontariato è quello della “pietà” e dello stereotipo del bianco che salva poveri bisognosi. Vogliamo davvero raccontare la storia dell’eroe bianco , così generoso e coraggioso, che cambia la vita delle comunità indifese?
Il ricavato del volontariato come pacchetto
Sarebbe giusto chiedersi: “Ma tutti questi soldi che sto pagando, chi se li prende?” Molte agenzie di volontariato e volunturismo non sono molto generose quando si tratta di ripartire il ricavato. La cosa più etica da fare sarebbe condividerlo equamente con gli enti locali che accolgono, assistono e impiegano i volontari sul campo, contribuendo così allo sviluppo del servizio (scuola, ospedale, centro di accoglienza…) e favorendo la popolazione locale. Ma questo, troppo spesso, non succede.
In conclusione: il volonturismo ha sì il poter di coinvolgere molte più persone di quelle che tradizionalmente partecipano a progetti di volontariato, ma a che prezzo?