Partire come volontari internazionali senza alcun tipo di formazione è un po’ come prendere un giorno una macchina e cominciare a guidare senza sapere bene come si fa: diventa pericoloso per noi e per gli altri. Ecco perché nasce Ayni Scuola, una piattaforma e-learning che, ad oggi, ospita il primo corso in Italia di formazione online universale per volontari all’estero.
Il mondo del volontariato è molto più complesso di quello che sembra e molti desiderano farne parte senza comprenderne fino in fondo i meccanismi. Alla fine però, che uno ne sia consapevole oppure no, il nostro modo di “fare volontariato” ci rende rappresentati sul campo di un certo tipo di interculturalità, un certo tipo di cooperazione. Dovremmo preoccuparci di rappresentare un tipo di interculturalità e di cooperazione che ci che ci sembri giusto, non vi pare? Ecco perché bisogna informarsi e formarsi!
Sfatare i miti del volontariato internazionale con la formazione
Tra tutti i modi che ci sono di interpretare il ruolo dei volontari e la funzione del volontariato, solo alcuni possono essere consideratici etici o responsabili. Gli altri? Gli altri, è dimostrato, dovrebbero essere contrastati perché invece di “fare bene” arrecano danni irreparabili ai fragili sistemi socio-economici delle comunità di accoglienza e contribuiscono alla diffusione di pregiudizi negativi nella società in generale. Ci avevate mai pensato?
Questi ed altri temi vengono sviluppati in modo esaustivo nell’ambito del Corso di Formazione al Volontariato Internazionale di Ayni Scuola! In questo articolo vi diamo un piccolo assaggio di come il corso potrebbe andare a far vacillare qualcuna delle vostre certezze, e lo facciamo andando a scovare 4 preconcetti comuni legati al volontariato internazionale.
Volontariato e carità: “Faccio volontariato per il bene dei poveri”
Ah la carità! Fare qualcosa per le persone più sfortunate. Per voi è questo il volontariato internazionale? Non possiamo certo negare l’esistenza di questo approccio, ma è necessario che sappiate una cosa: interpretare il volontariato come una forma di carità stabilisce immediatamente una gerarchia che mette voi qualche gradino sopra gli “sfortunati”, che dà a voi un ruolo attivo (quelli che fanno la carità) e agli altri un ruolo passivo (quelli che la ricevono).
Ne veniamo da decenni in cui la cooperazione era proprio questo: un dovere morale dei “ricchi” nei confronti dei “poveri”. Quindi non stupisce che quest’idea persista nel volontariato internazionale ed anche (purtroppo) nell’attività di alcune organizzazioni. Ma se pensate che non esista un’alternativa vi sbagliate! L’alternativa esiste e ha diversi nomi: si chiama cooperazione allo sviluppo (così come la intendiamo ai giorni nostri), sviluppo internazionale (così come espresso dai 17 OSS dell’ONU) o anche cittadinanza globale attiva (come espressione di un movimento civico per lo sviluppo socio-culturale globale).
Per saperne di più: Unità 1 del corso di Formazione
Volontariato ed esperienze: “Il volontariato è una cosa da giovani”
Il volontariato può essere “una cosa da giovani”, ma anche da meno giovani. Anzi, vi dico una cosa: quando i giovanissimi fanno volontariato c’è un numero limitato di capacità, abilità e conoscenze che possono condividere con l’associazione e con la comunità. Mentre invece quando una persona un po’ più matura offre il suo aiuto riversa nei progetti e nel lavoro delle organizzazioni anni e anni di esperienze professionali e personali.
E non c’è limite a quello che il volontariato, in cambio, può insegnare a persone di tutte le età. Per quanto uno pensi di averne viste già di tutti i colori nei suoi 40 o 50 anni di vita, sappiate che se deciderete di mettervi in gioco come volontari scoprirete comunque qualcosa di nuovo sul mondo e su voi stessi.
Per saperne di più: Unità 4 del corso di formazione
Volontariato ed elemosine: “Porto con me una valigia di regali per questi bimbi che non hanno niente!”
Regali ed elemosina sono, nell’immaginario collettivo, un elemento intrinseco al volontariato internazionale. C’è sicuramente qualcuno che sogna di arrivare, stile Babbo Natale, con un sacco di dolci e giocattoli da distribuire ad una folla festante di bambini scalzi. L’esperienza sazierà (almeno per un po’) il bisogno di approvazione e redenzione del bianco in questione, che se ne andrà soddisfatto lasciando però un precedente ed un insegnamento che renderà il lavoro dei volontari che verranno dopo di lui più difficile.
Infatti, regali ed elemosine sono spesso una cattiva idea. Il volontario dovrebbe essere visto come una risorsa umana ed uno strumento per la promozione di uno sviluppo sostenibile a livello socio-economico, socio-culturale o anche ambientale. La distribuzione di doni fini a se stessi non è volontariato né sviluppo ed alimenta una cultura assistenzialista. È importante sviluppare una visione realistica del proprio ruolo, ed evitate di identificarsi come come eroi salvatori che portano caramelle (rischio carie compreso).
Per saperne di più: Unità 2 del corso di formazione
Volontariato e culture: “Parto per insegnare ai poveri a vivere meglio”
Il nobile intento di chi pensa che, se gli altri facessero come fa lui, probabilmente non ci sarebbe più la fame nel mondo. È inevitabile che crescere con determinati valori culturali ci porti a pensare che questi valori siano gli “unici” o i “migliori”. Ma uno dei passi fondamentali della crescita personale di un individuo è capire che il nostro paradigma culturale non è unico, né tanto meno migliore degli altri.
Il volontario all’estero, quindi, non è un professore in cattedra che può spiegare a una madre come crescere suo figlio, ad un contadino come coltivare il suo campo, ad un giovane come immaginare il proprio futuro (non lo dovrebbero essere neanche i cooperanti). Un volontario si siede in cerchio insieme agli altri, ascolta e cerca di capire. Poi, con l’aiuto dell’associazione, svolge il suo compito con serietà per raggiungere determinati obiettivi. Senza pensare di essere migliore degli altri.
Per saperne di più: Unità 3 del corso di formazione