Le case di accoglienza
Parlare di orfanotrofi è generalmente inesatto. Le istituzioni private e pubbliche che oggigiorno forniscono assistenza ai minori soli o abbandonati sono da considerarsi case di accoglienza, o residenze per minori. Perché? In molti casi, i bambini non sono orfani, a volte si sono smarriti, sono scappati, oppure vengono allontanati dalla famiglia di origine quando questa viene giudicata inadatta o incapace di provvedere ai loro bisogni, solitamente per casi di abuso domestico, negligenza grave o abbandono.
Per questo motivo, molti bambini passano solo un certo periodo della loro vita in queste strutture, mentre le autorità cercano di trovare i genitori, di riabilitare i tutori oppure di rintracciare un parente prossimo che possa farsi carico. Se questi tentativi falliscono, allora il bimbo rimane nella casa di accoglienza e viene messo in adozione. È rarissimo che, superati i 3 anni, un bambino venga adottato, quindi in questo caso è probabile che rimanga nella residenza fino ai 18 anni.
Le case di accoglienza sono tenute, in ogni parte del mondo ed in ogni caso, a collaborare con le istituzioni (servizi sociali, tribunale per minori o simili). Sono loro che si occupano di assegnare i minori ad una residenza piuttosto che un’altra, e di riassegnarlo alla famiglia o ad un nuovo tutore se lo ritengono opportuno. E se la residenza prende in custodia un minore non segnalato dai servizi sociali, deve comunque mettersi in contatto con loro per denunciare il caso.
Gli orfanotrofi sono dannosi per i bambini che vi risiedono?
La ricerca suggerisce che coloro che passano diversi anni in una residenza dimostrano carenze emotive e psicologiche, e affrontano gravi problemi psicosociali al momento del reinserimento una volta raggiunta la maggiore età. Maggiori informazioni sui danni sofferti dai più piccoli possono essere trovate qui.
Ma quali sono i rimedi e le alternative? Da una parte, il lavoro dei servizi sociali è molti importante, soprattutto la ricerca dei genitori o dei parenti prossimi, e le sessioni di riabilitazione per genitori o tutori. Se hanno successo, il bambino viene velocemente reinserito in un ambiente famigliare sufficientemente sicuro e accogliente. Ma a volte le cose non vanno come sperato: i parenti prossimi possono non volersi far carico del minore, i genitori non sempre riescono a liberarsi dalle loro dipendenze, o semplicemente la famiglia potrebbe non essere mai rintracciata, o scomparsa.
Che fare in quel caso? In molti paesi, è stata sviluppata una rete di famiglie di accoglienza che, sostenute da sussidi statali, aprono le porte di casa loro ai minori fornendo così soluzione temporanea, mentre i servizi sociali lavorano con i genitori, o cercano possibilità di adozione. Tuttavia in molti paesi in via di sviluppo questo sistema non esiste o non funziona, per cui l’unica soluzione rimangono gli orfanotrofi.
Gli orfanotrofi sono tutti uguali?
Assolutamente no. Se è vero che esistono istituzioni fredde, dove i bambini non ricevono sufficienti attenzioni ed affetto, dove addirittura vengono picchiati o abusati verbalmente, dove il personale non ha le conoscenze necessarie per fornire adeguata assistenza, dove gli ambienti sono inospitali… è anche vero che esistono case di accoglienza che svolgono un lavoro impeccabile e che cercano in tutti i modi di disegnare un sorriso sul visino di quei piccoletti che ne hanno viste di tutti i colori.
È importante l’atteggiamento del personale (affettuoso, comprensivo, attento…), ma anche le loro conoscenze professionali. Psicologi, educatori, assistenti sociali: sono tutte figure delle quali c’è molto bisogno in una residenza. L’abbandono e l’abuso lasciano cicatrici indelebili, che poco a poco bisogna cercare di curare. Inoltre, durante gli anni della crescita, i bambini ed ragazzi presenteranno necessità ed interessi sempre diversi, che i loro tutori dovranno cercano di soddisfare. Ad esempio, aiuto con i compiti, educazione sessuale, problemi a scuola ed in residenza, superare le prime delusioni, definire il proprio futuro e molto altro ancora.
Il numero dei professionisti deve essere proporzionato al numero dei ragazzi e la loro preparazione professionale deve riflettere i bisogni dei piccoli. Ciò è importante soprattutto nel caso in cui la residenza sia specializzata, come ad esempio una casa per giovani incinte o neo-mamme, o ragazzi che hanno avuto problemi con la giustizia.
Volontariato e orfanotrofi
È quindi sbagliato fare volontariato presso una residenza per minori? Avrete sicuramente letto molte pubblicazioni, alcune anche condivise dai noi, che mettono in guardia contro il “turismo da orfanotrofio”. È riconosciuto che questo fenomeno lede la dignità dei minori, li espone a vivere ripetutamente l’esperienza dell’abbandono, ed aumenta il rischio di abuso. Vi abbiamo anche raccontato dei falsi orfanotrofi di Haiti, messi in luce dall’Ong Lumus.
Tuttavia è nostra opinione che i programmi di volontariato proposti da organizzazioni e residenze competenti possano creare opportunità di arricchimento sia per i volontari che per i ragazzi della residenza. I volontari rappresentano un’opportunità per conoscere un’altra cultura, apprendere cose nuove e ricevere nuovi stimoli. I bambini si divertono con i volontari! E se presso la loro residenza ricevono le attenzioni necessarie, non cercheranno in questi visitatori temporanei un genitore surrogato.
Ovviamente è importante che i volontari non cerchino di proporsi come tali. La gestione delle aspettative dei piccoli dev’essere discussa con i coordinatori del progetto, così come i diritti d’immagine dei bambini, la cui dignità e sicurezza non deve essere mai messa in discussione.
Senza voler in alcun modo contraddire associazioni che prendono una diversa posizione, noi di Ayni sosteniamo il volontariato presso le case di accoglienza, se:
- Si tratta di un progetto onesto che ha a cuore il benessere dei bambini e dei ragazzi
- Il tempo che il volontario dedica al progetto è considerato sufficiente per poter dare un aiuto concreto. Le visite “toccata e fuga” non giovano a nessuno.
- Il volontario è aiutato a capire come gestire le aspettative dei bambini, come rispettare la loro dignità, come non nuocere loro in nessun modo.
- Il volontario prende parte ad attività strutturate e realmente necessarie al miglior funzionamento della struttura. Ovvero: il programma di volontariato non è una scusa per fare fundraising e basta, ma una risorsa reale e necessaria.
- Il benessere dei bambini viene messo sempre e comunque al di sopra degli interessi del volontario.
Se ti interessa questo tipo di esperienza non esitare a metterti in contatto con i seguenti progetti:
Volontariato in Guatemala con [icon name=”arrow-right” class=”” unprefixed_class=””] Casa Guatemala
Volontariato in Tanzania con [icon name=”arrow-right” class=”” unprefixed_class=””] The Nuru Trust
Volontariato in Nepal con [icon name=”arrow-right” class=”” unprefixed_class=””] NSCPC