Dopo tanti anni nel settore del volontariato all’estero, ci siamo resi conto che fare volontariato non è proprio una cosa per tutti. O meglio, tutti possono fare volontariato, ma solo se sono disposti ad accogliere quella filosofia di solidarietà e quell’impegno per lo sviluppo che contraddistinguono i progetti all’estero per volontari.
Tanti volontari partono, ma poi una volta sul campo è come se fossero bendati e sordi: non vedono la comunità, non la ascoltano. Partono con le intenzioni sbagliate e non mettono in discussione neanche per un secondo di essere quelli giusti per la missione, di essere quelli che hanno qualcosa da insegnare. Non c’è ostacolo più grande al volontariato internazionale che pensare di avere tutte le risposte!
Piuttosto, dobbiamo porre e saperci porre le domande giuste. Dobbiamo guardarci dentro con tanta onestà e tanta umiltà e vedere se siamo pronti per partire come volontari. Perché non c’è nulla di male ad ammettere: “Per quest’anno non sono pronto!”. Ci sono altri modi per aiutare. Quello che molti tendono a trascurare è che i nostri errori come volontari hanno senz’altro un impatto su di noi, ma ne hanno uno ancora più grande sulle comunità alle quali dovremmo invece prestare un aiuto, sui collettivi con cui dovremmo lavorare.
Se però vi sentite pronti per fare volontariato all’estero, se pensate che per voi sia il modo giusto per contribuire allo sviluppo e alla solidarietà internazionale, allora prendetevi qualche minuto per rispondere a 5 domande fondamentali.
1. Quali sono le mie motivazioni?
Un minuto di riflessione non guasta mai. Questa volta, per capire quali motivazioni, o intenzioni, vi hanno spinto a rispondere all’offerta di volontariato per cui vi siete candidati. Che ve l’abbia segnalata un amico, un professore, o che l’abbiate trovata su internet, la domanda è: cosa vi ha spinto a dire di si?
Le solite cose, potreste pensare: conoscere una cultura nuova, fare la mia parte, rafforzare il curriculum, vivere un’esperienza diversa. Queste sono le motivazioni di cui vi parliamo noi del settore, gli indiscussi vantaggi del volontariato internazionale. Ma veramente: cosa vi ha spinto a decidere di partire?
Poco importa, potreste pensare: qualunque sia la ragione, mi ha portato a fare una cosa buona. Dare una mano ai meno sfortunati è una cosa buona indipendentemente da ciò che mi ha spinto a farlo. Ma noi siamo qui per dirvi che importa, perché non è così facile “fare una cosa buona” quando siamo animati dalle motivazioni sbagliate.
E infatti, nonostante quello che potreste pensare, non proprio tutte le motivazioni conducono ad un buon volontariato. Un volontariato che sia buono per il volontario e per la comunità di accoglienza. Un volontariato che valga davvero la pena fare.
Il volontario che parte per andare a far vedere ad una comunità sottosviluppata “com’è che si fanno le cose”, parte con le motivazioni sbagliate. Quello che parte perché considera necessario inculcare i suoi valori, i suoi principi, il suo modo di vedere il mondo, parte con le motivazioni sbagliate. Quello che è convinto di cambiare il mondo, parte con le motivazioni sbagliate.
Quindi torniamo alla domanda iniziale: quali sono le vostre motivazioni?
2. Cosa significa fare volontariato all’estero?
Bello fare volontariato all’estero! Ma cosa vuol dire veramente “fare volontariato all’estero”? Cosa contraddistingue un programma di volontariato, cosa lo rende tale? Il fatto che il volontario non percepisca uno stipendio? Bé quella non è altro che una questione di forma e la conseguenza di fattori ben più significati per la determinazione dell’essenza del volontariato internazionale.
La vera risposta a questa domanda deve tenere conto di un settore (quello della cooperazione internazionale) e dei suoi obiettivi (quelli di sviluppo), di una comunità (quella globale) e di un nuovo modo di vedere la responsabilità civica (cittadinanza globale), ed infine di un certo numero di individui che pur diversi tra loro riescono a trovare un canale di comunicazione che permetta loro di conoscersi e lavorare insieme.
Ma quindi cosa significa fare volontariato all’estero? Se dopo questo rapido accenno vi sentite più confusi di prima, se concetti come “sviluppo internazionale” e “cittadinanza globale” sono un po’ nebulosi per voi, niente paura: la maggior parte degli italiani si sentono come voi. Ma la domanda rimane lì, in cerca di una risposta. E trovare questa risposta è importante per capire di cosa avete scelto di essere parte!
Dove trovarla? In esperienze di volontariato pregresse, in studi relazionati con questo settore e, in mancanza di questi, nei corsi di preparazione al volontariato internazionale. Trovate la vostra risposta prima di partire.
3. Conosco il contesto di intervento?
Partire all’avventura può essere emozionante ed eccitante, per qualcuno. Scoprire giorno dopo giorno cosa ci riserva un viaggio, buttarsi senza sapere cosa ci aspetta dall’altra parte. Ma la partecipazione ad un programma di volontariato non è proprio sinonimo di viaggio avventuroso. Non tanto per le ripercussioni che una partenza di questo tipo potrebbe avere sul viaggiatore (non tutti siamo fatti per gli imprevisti dell’ultimo minuto), quanto per l’impatto che l’impreparazione del volontario potrebbe avere sul gruppo di lavoro e sulle comunità locali.
Prima di partire come volontari e soprattutto prima di cominciare a svolgere le vostre attività di servizio con l’associazione che vi accoglie sul campo, dovete essere in grado di rispondere affermativamente a questa domanda. Magari con un po’ di esitazione, magari con qualche riserva, ma affermativamente.
Perché? Per tanti motivi: perché è una forma di rispetto, per sapere che tipo di abbigliamento prevedere, perché è interessante, per prepararsi al meglio alla missione a cui abbiamo deciso di aderire. Soprattutto per prepararsi al meglio e dare il meglio di noi.
4. Sono in grado di sopportare lo stress emotivo?
Inutile girarci intorno. La maggior parte dei programmi di volontariato mettono i partecipanti davanti a situazioni moderatamente difficili. Vuoi perché ci mettiamo un po’ ad adattarci al nuovo contesto culturale, perché siamo lontani da tutti i nostri punti di riferimento o perché le attività da svolgere ci risultano ostiche o poco chiare. Oppure potrebbe essere il fatto che ci troviamo davanti a tanto dolore e povertà, grandi ingiustizie e discriminazioni, che contrastano con una sorridente o disperata determinazione a superare tutte le avversità. E questo ci colpisce nel profondo.
Indipendentemente da quale sia il fattore, o i fattori responsabili, un volontario si trova spesso sottoposto ad una quantità di stress emotivo superiore al solito. Uno stress emotivo per cui bisogna essere preparati e che bisogna saper gestire. Uno stress emotivo che dovete saper sopportare, se non volete abbandonare il programma prima del previsto. Alcuni programmi di volontariato sono particolarmente esigenti sotto questo punto di vista, perché portano i volontari a guardare dritto negli occhi qualcosa di sé o del mondo che non avevano mai visto, e forse non volevano vedere così da vicino.
Ad ogni modo, inutile fare speculazioni. Per che tipo di programma ti sei candidato? Ti senti pronto? Sei cosciente del fatto che non sarà sempre facile, ma ti senti comunque in grado di gestire lo stress emotivo? Sei l’unico che può dare una risposta. Ma deve essere sincera! Perché le conseguenze non sono solo per te, ma anche per le persone per le quali e con le quali hai deciso di lavorare.
5. Sono disposto ad abbandonare i miei pregiudizi e ad aprirmi davvero ad una cultura diversa dalla mia?
Ah i pregiudizi! Siamo tutti convinti di non averne, di essere superiori a queste cose, fino a quando non capiamo che, invece, ne siamo pieni. C’è poco da fare, tutti abbiamo dei pregiudizi, buoni, cattivi, come volete. E abbiamo anche delle costruzioni mentali che derivano dal contesto socio-culturale in cui siamo cresciuti. Fin qui, non c’è nulla di male.
Ma il segreto per aprirsi ad un contesto di interculturalità, come quello del volontariato all’estero, è essere disposti ad abbandonare o modificare questi pregiudizi per conoscere, rispettare ed eventualmente accogliere quello che altre persone, altre culture, altre comunità ci possono insegnare. Solo così il volontariato diventa un’esperienza preziosa di arricchimento per il volontario e per tutta la società.
E quindi questa domanda è fondamentale: siete disposti ad aprirvi all’interculturalità?